A cura di ADRIANA OBERTO
Fotografie di Adriana Oberto, Mariagrazia Castiglione
Italia, TORINO – TO
Liberty – Torino Capitale, visibile presso Palazzo Madama a Torino fino al 10 giugno 2024, è una mostra a tutto tondo che racconta come Torino sia diventata l’assoluta protagonista a livello europeo e mondiale – a partire dalla Grande Esposizione Universale del 1902 – della nuova arte che ha unito e dominato tutta l’Europa all’inizio del secolo scorso.
Con questa mostra Torino mira ad entrare nel RANN (Reseau Art Nouveau Network) di Bruxelles ed in seguito proporre la sua candidatura a Città Patrimonio UNESCO per il Liberty.
Il Liberty è uno stile omnicomprensivo e Torino ne è la dimostrazione: in giro per la città ci sono oltre 500 edifici in stile liberty di ogni tipologia: ospedali, bagni pubblici, scuole, caserme, fabbriche, grandi ville e palazzi, ma anche edifici residenziali più comuni. E Torino è l’unica città al mondo in cui questo avviene ed è per questo che viene considerata la capitale mondiale del Liberty. La mostra vuole essere uno stimolo a guardare ciò che ci circonda e che ci porta alla consapevolezza del patrimonio culturale che ciascuno di noi deve preservare. Non solo Torino, ma anche la Val Pellice, il Pinerolese, il Biellese, il Cuneese creano e portano avanti un racconto di qualcosa di omogeneo che fa parte della nostra memoria identitaria comune.
Si tratta di un’arte totale, che ha vita piuttosto breve (dalla metà degli anni ’80 dell’Ottocento fino alla Prima Guerra Mondiale) che investe ogni aspetto della società e della quotidianità e che lega insieme il territorio. È stata utilizzata, a Torino, per affrontare il grande sviluppo urbano tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900. I numeri sono impressionanti: la popolazione di Torino raddoppia, passando da 250.000 a 500.000 abitanti nel giro di un ventennio;
vengono rilasciati più di 1.200 permessi di costruire l’anno e Torino, la capitale barocca di Juvarra, diventa capitale del nuovo stile europeo. Sono facciate ricche di fascino, giochi di chiaroscuro, finestre, ambienti inondati di luce.
La “consacrazione” di Torino avviene con la Grande Esposizione Universale del novembre del 1902, di cui possiamo ammirare i poster realizzati da Leonardi Bistolfi, la cui protagonista assoluta è la donna. All’esposizione partecipa tutto il mondo e alla mostra troviamo alcune rarissime fotografie dei vari padiglioni, nonché la riproduzione fotografica a grande formato della fotografia dell’entrata del padiglione Musy, su disegno di Giacomo Grosso.
C’era già stata un’esposizione universale l’anno prima a Parigi, che però non aveva avuto successo. Ciò che avviene a Torino nel 1902 è una presa di coscienza del “risorgimento” delle cosiddette arti applicate: le arti decorative. I padiglioni delle varie nazioni partecipanti mettono in scena il livello raggiunto da quest’arte nel proprio territorio. Infatti il Liberty è stato l’ultimo grande movimento unitario a livello europeo. In Italia si chiama “Arte Nuova”, che diventa “Art Nouveau” in Francia e “Jugendstil” in Austria con la Secessione Viennese; ci sono declinazioni locali, ma la principale caratteristica è la forte compattezza estetica, come dimostrato dalle immagini in mostra.
La Donna
La mostra allestita nella sala del Senato di Palazzo Madama – quella che è stata la sala del Senato Subalpino – ci accoglie con una serie di elementi dedicati alla Donna, che è l’immagine della bellezza e dell’eterno femminino; e infatti tutto in questa prima area delimitata ci parla di lei. La donna, che emerge alla fine dell’800 come potenza visiva e con un nuovo ruolo sociale, ha una parte significativa in questo movimento, sia come soggetto di opere d’arte che come artista e designer. La sua creatività, l’intelligenza, la sapienza immaginativa vengono per la prima volta messe al centro del processo del progresso sociale. La donna si libera nella moda e nella danza e vive tutti i processi della nuova società. In questa prima parte della sala è pertanto la protagonista delle opere esposte,
a partire dal manifesto di Adolf Hohenstein che pubblicizza la ditta di forniture elettriche di Cesare Curtis. Torino fu una delle prime città ad essere illuminate con l’energia elettrica e ad avere una rete tramviaria; la donna nel manifesto illumina la città con una lampadina – una come quelle riproposte per l’illuminazione della mostra, create dal piossaschese Alessandro Cruto, che per soli cinque mesi non ne fu l’inventore (la sua lampadina, però, dava una luce più bianca rispetto a quella di Edison, il quale in ogni caso necessitò di altri otto anni perché la sua invenzione fosse commercialmente valida). Seguono i quadri di Gaetano Previati (La Danza delle Ore) e Giovanni Boldini (Fuoco D’Artificio), il bozzetto di Marcello Dudovich (il grande comunicatore di inizio ‘900) per la pubblicità del Campari, che ci mostra un bacio appassionato – tanto difficile da narrare in quei tempi: al massimo si poteva mostrare il bacio della suora alla fanciulla nella scultura “Istinto materno” di Pietro Canonica. Al suo fianco il busto della principessa Maria Letizia Savoia Bonaparte, perché i Savoia furono grandi committenti del Canonica; subito dietro il quadro di Vittorio Matteo Corcos “Lettura sul mare”, diventato un’icona dell’inizio del ‘900. Troneggia, al centro, la scultura “Verso la Luce” (o “la morte”), un gesso di studio di Leonardo Bistolfi per il monumento funerario Abegg di Zurigo.
IL BOVINDO
La mostra presenta la ricostruzione di quello che è forse il bovindo più famoso di Torino – quello di casa Fenoglio-Lafleur in corso Francia – con un’illuminazione che ricrea tutte le ore del giorno. Il bovindo è la caratteristica specifica di Torino collegata alle grandi rivoluzioni urbanistiche in atto ed è legata all’invenzione che ha reso possibile il grande sviluppo del Liberty nel campo dell’edilizia e del design: il cemento armato. Nato dall’intuizione di François Hennebique e brevettato in Italia dell’ing. Porcheddu, permette di alleggerire le strutture murarie, creando facciate che si proiettano all’esterno, appunto tramite il “bow window”, che portano luce, calore e colore all’interno attraverso i vetri colorati, anch’essi tipici dello stile.
All’interno della ricostruzione sono stati posti oggetti di arredo che facevano parte dell’Esposizione Universale del 1902: un tavolino, un vaso, un lampadario di Mazzucotelli. Non mancano gli oggetti legati alla bellezza femminile, un vaso rappresentante la grande Sarah Bernhardt (l’attrice protagonista dell’epoca), abiti, cappelli, ma non solo. Subito dopo il manifesto di Mucha, le “quattro Grazie” di Rubino e il vaso portafrutta di Bistolfi descrivono la nuova libertà di espressione della donna, che si sente libera di danzare come mai aveva fatto – svincolata dalle costrizioni dei balli precedenti e perciò libera di esprimersi liberamente.
IL MONUMENTO EQUESTRE DI DAVIDE CALANDRA
L’opera chiave per i torinesi è rappresentata dal monumento equestre al Principe Amedeo di Savoia duca d’Aosta, realizzato da Davide Calandra e collocato in corso Massimo d’Azeglio all’ingresso del Parco del Valentino. L’artista crea per il principe un monumento che visualizza nel basamento tutta la dinastia di Casa Savoia, a partire da Umberto Biancamano fino a Vittorio Emanuele II; si tratta di una “cavalcata” a 4/5 del vero e tutta in altorilievo. L’opera è importante, prima di tutto, perché rompe con la tradizione; poi perché è un movimento che costituisce un flusso unico con i suoi personaggi; e ancora perché l’opera arriva prima – ricevendo pertanto la medaglia d’oro – davanti al famoso quadro di Pelizza da Volpedo “Il Quarto Stato”. In seguito a ciò gli viene commissionato il bassorilievo “La Gloria dei Savoia” che occupa la parete retta del Parlamento Italiano sopra gli scranni dei ministri e che si sviluppa con le stesse modalità del basamento del monumento equestre. La sua presenza nell’aula del Parlamento Italiano fa sì che il Liberty diventi linguaggio nazionale. Alla mostra a Palazzo Madama è presente lo studio in gesso realizzato dall’artista per il monumento al Principe Amedeo.
Per approfondimenti, e fine a giugno 2024, potete seguire questo link.
La descrizione della mostra prosegue nella Seconda Parte.
Desideriamo ringraziare Palazzo Madama, nella persona del suo Direttore Giovanni Carlo Federico Villa, per la disponibiltà e l’interessantissima visita guidata.